Vive d’arte solo un artista su cinque

Vive d’arte solo un artista su cinque

Speranze e frustrazioni dei giovani creativi italiani in una ricerca della Fondazione Agnelli

RENATO RIZZO

TORINO
L’artista, in Italia, è «contemporaneo» perchè fa l’artista e, «contemporaneamente», deve trovarsi un’altra attività per vivere»: questo gioco d’amare parole è l’incipit del «viaggio» compiuto da due ricercatori tra le voci e i numeri della giovane arte contemporanea. L’arte, spesso, non dà pane. Perché, come sostiene Francesco Jodice, uno che ce l’ha fatta a dispetto delle statistiche, «per le istituzioni del nostro Paese, la tutela dell’arte, spesso, si ferma alla protezione del passato e prende in scarsa considerazione ciò che viene prodotto oggi». Giulia Bondi e Silvia Sitton hanno indagato e interpretato, grazie a una borsa di ricerca stanziata dalla Fondazione Agnelli e dalla UniCredit Private Banking, l’arte, il suo mercato, il reddito che fornisce. E, in particolare, hanno frugato nelle gioie e nelle frustrazioni, nelle ambizioni e negli umori di chi, tra i 20 e i 50 anni, affida alla tela, alla fotografia, alla scultura, alle «istallazioni», il senso della propria vita.

Ma qual è l’identikit economico e sociale di questo «facitore d’arte» che emerge da 150 questionari, 76 interviste realizzate dagli autori a 69 maschi e 44 donne e dagli incontri con 250 tra artisti, galleristi, critici? Risponde la Bondi: «Intanto la maggior parte di essi proviene da famiglie benestanti e quasi due terzi hanno un secondo lavoro». Non c’è contraddizione tra le due realtà? «Solo apparentemente: è vero che, a volte, i genitori sono pronti ad aiutare i figli nel coltivare il proprio sogno, ma, spesso, quest’appoggio è solo una piccola spinta che rende, comunque, indispensabile un’attività remunerativa. Anche per autofinaziarsi».

Il reddito medio dei giovani artisti – compresi aiuti famigliari, stipendi e borse di studio – s’attesta attorno ai 13 mila euro e diventa inferiore del 20% se si tratta di donne. A vivere di sola arte, è solo uno su cinque. Dura legge, ma legge quella del mercato sintetizzata senza troppe infiorature da Jeff Koons – autore, tra l’altro, del mastodontico cane – quello sì, infiorato – che campeggia di fronte al Guggenheim di Bilbao: «L’arte non consiste nel fare un quadro, ma nel venderlo». È, questa, un’altra faccia della ricerca: quali e quante sono le opportunità commerciali di chi, da noi, vuole intraprendere la «carriera» d’artista?».

«Le opinioni degli addetti ai lavori oscillano tra due poli: quelli favorevoli al mercato per la sua funzione selettiva e di scambio monetario e culturale; ai quali si contrappone chi è convinto che la valutazione data dal mercato a un’opera sia, soprattutto, legata a meccanismi speculativi e relazionali». Nella «forbice», cento sforzi – o veri e propri éscamotages – per acchiapparlo, questo benedetto mercato. Un esempio estremo lo propone la napoletana Betty Bee che, un po’ per celia e, forse, un po’ per non morire, illustra il suo progetto d’«adozione a distanza»: un meccanismo simile a quello che regola le adozioni dei bimbi del Terzo Mondo: versi una cifra mensile per sostenerli e trasformarti in loro «genitore». Per l’arte si potrebbe fare così: versi 20 euro al mese per un anno e ricevi in cambio la fotografia di un’opera che, alla scadenza delle rate, diventa tua».

Difficile la vita dell’artista italiano: specie se – come sostengono i ricercatori e come sottoscrive Francesco Jodice – vive in certe città del Sud (con la sorprendente esclusione di Napoli, prima nel Paese per effervescenza d’iniziative): pochi amministratori pubblici ed esigue istituzioni private sembrano condividere l’affermazione di Robert Storr, direttore della prossima Biennale di Venezia: «Gli artisti non sono forza lavoro e il loro successo è impossibile da quantificare». Così c’è voglia d’emigrare. Accanto alla fuga dei cervelli, quella dei pennelli? Bondi: «Olanda, Inghilterra, Germania, Usa rappresentano i miti. Ma il 66% degli intervistati assicura che rinuncerebbe volentieri a cercare il successo lontano da casa se potesse avere, qui, uguali opportunità». In «casa», però, oltre al capoluogo campano, ci sono rare eccezioni a confermare cospicue regole di «nulla» o di sterili «guerre tra bande nell’ambito della promozione pubblica o privata dell’arte»: il caso-Torino, per esempio: «A Roma si parla, a Milano si vende, a Torino si fa» sostiene, con uno slogan efficace, un intervistato. E, così, il capoluogo subalpino è, inserito al secondo posto, sia nella classifica dei «luoghi chiave», sia in quella degli emergenti». Qui, osa Francesco Jodice, la giovane arte vive una «condizione paradisiaca»: «Fondazioni, musei, istituti bancari costituiscono un sistema capace di dialogare anche con le gallerie creando uno spazio partecipato». Se «Caravaggio per diventare Caravaggio è andato a Roma», i futuri Merz o Penone potrebbero trovare forza sotto la Mole.

PS.  Aggiungo una domanda, l’arte oggi in Italia è libera ? Si, ognuno è libero di esprimersi come vuole…ma, il mercato dell’arte è libero …?!  Cioè cosa passa dal setaccio del  nostro noto provincialismo ?!  Del nostro sistema mafioso populista ?! Dagli interessi di tanti galleristi dediti al non rischio…impostati nel vendere il quadretto tanto  "carino" da mettere sul caminetto …del "noto artistello di paese"  tanto di moda ?!…Ricordo che l’arte italiana figura come fanalino di coda nell’arte internazionale…l’unica che conta…e che vale.

                                                                                                                                        DACO

  1. #1 di MonicaeNico il 24 Maggio 2007 - 10:20

    ciao ti ho inserito nell\’elenco degli amici perchè il tuo blog e\’ molto interessante e fa capire tante cose..noi stiamo iniziando a esprimere la nostra arte…abbiamo tante cose nella testa..infatti se vedi le nostre opere sono varie…stili diversi..applicazioni diverse…quindi ancora sia io che nico dobbiamo trovare la nostra strada giusta…chissa\’ è questa ricca di varieta\’ o una un po\’ piu\’ definita…ma\’ staremo a vedere..comunque mi farebbe piacere che tu mi dicessi la tua sul nostro modo di affrontare l\’arte…grazie e aspetto un tuo commento sincero sul nostro space……alle tue domande che rispondere…noi la viviamo in liberta\’..noi non vogliamo essere chissa\’ chi ma vogliamo solo esprimere cio\’ che abbiamo dentro…c\’è chi ti critica in negativo e c\’è chi ti critica in positivo siamo noi che dobbiamo accettare il tutto….e poi se vogliono mettere la mia lampada in casa o un mio quadretto sul caminetto ben venga…almeno la mia personalita\’ circola da tutte le parti sia in una casa anonima sia in un mercatino o in qualsiasi altra parte del mondo…l\’importante che io mi sia espressa…ciao ti aspetto Monica

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